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"Più inesprimibili di tutto sono le opere d'arte". Su parole e immagini

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Una frase di Rilke: "Del resto, per afferrare un'opera d'arte, non c'è niente di peggio delle parole della critica d'arte. (...) Quasi tutto quello che avviene è inesprimibile. (...) Più inesprimibili di tutto sono le opere d'arte, questi esseri segreti, la cui vita non ha fine e che costeggiano la nostra che passa" (da Lettere ad un giovane poeta, Adelphi 1980). A proposito dunque di opere d'arte e della possibilità di 'dire', a proposito dell'opportunità di trasmettere qualcosa sulla loro esistenza, il loro corpo e il loro carattere, grazie a quel poco (o molto) che abbiamo: le parole, il pensiero, la conoscenza. In particolare, mi ritrovo a riflettere su ciò, a margine di alcune letture accomunate da un filo rosso: la fotografia. Fino a che punto ci si può spingere nell'accostare o aggiungere parole a quel che secondo Rilke rifugge massimamente dalle parole? Fino a che punto ci si può spingere per avvicinare, raccontare, commentare,