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Considerazioni per giovani esploratori

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Ore 13.15, uno studente mi domanda: “Prof, come faccio a migliorare i miei voti?”. L’alunno parte da un’ottima posizione e potrebbe considerarsi arrivato a destinazione. Ammiro chi non si accontenta, in un’ottica generale così come nell’apprendimento. La domanda innesca però delle riflessioni, anche perché al mio alunno ho dovuto dare una risposta.  Cosa vuol dire studiare? Rivolgo a me stessa il quesito in modo da trovare delle indicazioni (spero utili). Credo infatti che per rispondere a Giovanni se debba partire da qui. Si tratta di qualcosa che rischiamo di fare senza pensare troppo, anche solo per la tentazione dell'inerzia - insegnare, studiare, valutare - e già l'acquisire consapevolezza delle proprie azioni (e i pensieri sono azioni) è una conquista.  Studiare vuol dire tante cose e con me si parla di studio della storia dell’arte ma probabilmente alcuni ragionamenti possono adattarsi ad altri orizzonti ben oltre quello umanistico. In prima battuta studiamo

La fiducia nei perché

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Ricordo che molti anni fa il quotidiano che leggo con assiduità pubblicò una recensione di uno strano libro americano. Il libro proponeva centinaia di domande, talvolta paradossali, spesso bizzarre e curiose, ma sempre tali da farti fermare. Era qualcosa che ti portava a considerare l’importanza dei ‘perchè’, e soprattutto,  la straordinaria possibilità che le domande proliferino in modo costruttivo , come grappoli, come rami su un albero immenso. Penso spesso a quel libro - che non ho mai letto se non attraverso ciò che riportava il quotidiano - quando sono in classe con i miei studenti. Il lavoro di insegnante è bello e vario e porta a confrontarsi con ogni tipo di essere umano, e in particolare, con ogni tipo di essere umano in formazione, quando è in una fase di esplorazione e di definizione. La gioventù. Succede spesso, per fortuna, di imbattersi in studenti che sembrano avere una sola missione, un solo credo, una sola aspirazione: travolgerti di domande . Ecco che i ‘perchè

Un blog e molte domande

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Non ricordo nulla dei miei anni di scuola. O meglio, ricordo tante cose, volti e persone, incontri ed eventi, nella forma di un caos multiforme e colorato. Ricordo come mi sentivo spaesata, talvolta, attraversando la soglia che portava al grande ingresso del liceo e poi verso le aule. Ma non ricordo nulla di quel che accadeva con i miei professori. Tutto quel tempo trascorso ad ascoltare ed anche un po’ - molto poco nel mio caso – a parlare, a fare domande, tutto quel tempo trascorso tra italiano, greco latino e quanto altro. Non credo sia corretto dire, ma devo comunque dirlo, che non ricordo nulla: da qualche parte quelle ore si sono fermate e si sono sedimentate, sono diventate qualcosa le parole e l’ascolto. Da qualche parte quelle ore sono finite, si sono trasformate per condensazione in altro, ovvero le altre mie parole di adulta, le mie azioni, i miei desideri, le mie scelte, i miei errori. Quelle ore sono anche evaporate, ma adesso resta un ricordo appannato se non inesistent