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"Più inesprimibili di tutto sono le opere d'arte". Su parole e immagini

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Una frase di Rilke: "Del resto, per afferrare un'opera d'arte, non c'è niente di peggio delle parole della critica d'arte. (...) Quasi tutto quello che avviene è inesprimibile. (...) Più inesprimibili di tutto sono le opere d'arte, questi esseri segreti, la cui vita non ha fine e che costeggiano la nostra che passa" (da Lettere ad un giovane poeta, Adelphi 1980). A proposito dunque di opere d'arte e della possibilità di 'dire', a proposito dell'opportunità di trasmettere qualcosa sulla loro esistenza, il loro corpo e il loro carattere, grazie a quel poco (o molto) che abbiamo: le parole, il pensiero, la conoscenza. In particolare, mi ritrovo a riflettere su ciò, a margine di alcune letture accomunate da un filo rosso: la fotografia. Fino a che punto ci si può spingere nell'accostare o aggiungere parole a quel che secondo Rilke rifugge massimamente dalle parole? Fino a che punto ci si può spingere per avvicinare, raccontare, commentare,

Guardare con le mani (o con la coscienza). L'esperienza luminosa di John M. Hull

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Vi siete mai chiesti qual è il vostro modo di stare al mondo, con sincerità e coraggio? Vi siete mai chiesti, in profondità, cosa vuol dire stabilire un contatto con ciò che vi circonda , con le persone che amate e quelle che nemmeno conoscete? Cosa significa per voi il timbro di una voce, il suono della pioggia o la carezza del vento? Per la maggior parte di noi alcune di queste domande sono troppo grandi, altre decisamemente futili, eppure viene spontaneo porsi questi interrogativi - e molti altri - durante la lettura di un bellissimo libro, solare a dispetto del titolo: Il dono oscuro , di John M. Hull (Adelphi 2019, con una prefazione di Oliver Sacks, traduzione di F. Pacifico). Australiano, professore di Teologia e Scienze religiose a Birmingham, scrittore di successo e controcorrente, Hull perde progressivamente la vista nell'arco di circa cinque anni. Ha solo 45 anni e il mondo intorno a lui comincia a diventare sempre più buio e lontano.  The mounth of Krishna, di A.P. Cab

Ritratto senza volto. Pensieri sparsi sulla fotografia

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L'arte è tutta un racconto di corpi e di carne, e delle tensioni che da questi registri scaturiscono. Anche quando è in gioco il prestigio, la ricerca del potere, così come la denuncia o il racconto dei fatti, non è sempre di persone che le arti visive ci raccontano, e del loro spasmodico desiderio di essere , e di essere per qualcuno? Anche quando la 'carne' non c'è, o proprio in sua assenza. Ricordate il mito dell'origine della pittura , che nasce per l'appunto in forma di ritratto: è quel che racconta Plinio il Vecchio a proposito della figlia di Butade. Triste per la partenza dell'amato, cosa decide di fare il padre - un vasaio di Corinto - per consolarla? Realizzare un calco in argilla del volto del giovane, a partire dal profilo che la ragazza ne ha tracciato seguendo l'ombra su una parete. E' così che può tenere con sè l'innamorato e il suo ricordo. E' così che nasce il ritratto e che l'arte si colloca nella dimensione affettiva

Chi sono? Un autoritratto per inventare se stessi.

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Quanti selfie vi concedete, durante le vostre giornate? Con quanti selfie intasate i vostri profili social? Tanti o pochi che siano vi sarà successo certamente di farvene uno, e ancora, che durante un qualche scatto al vostro volto vi siate sentiti un po' artisti, alla maniera di un Courbet o di un Rembrandt o Picasso, o ancora di una Frida Kahlo, solo alcuni tra i tanti autori che con gesto meno tecnologico ma ben più antico hanno reso celebre l'autoritratto, praticandolo molto, se non moltissimo. Selfie come arte? Chissà , intanto anche a questa pratica diffusa e quotidiana, democratica come solo la fotografia è riuscita ad essere, pervasiva e innocua al tempo stesso, è andato il pensiero durante la lettura del libro di James Hall, L'autoritratto. Una storia culturale (Einaudi, 2014). Diciamo autoritratto e pensiamo ad un genere artistico che mette in pratica verosimiglianza, certezza e precisione, come se l'artista realizzando un'immagine di sé potesse da

Noioso a chi? Su musei e dintorni

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Qual è stata l'ultima volta che siete stati in un museo? Personalmente, dall'inizio dell'anno ho avuto due occasioni: la prima per visitare la mostra su Antonello da Messina alla Galleria di Palazzo Abatellis di Palermo, la seconda rileggendo un libro di Thomas Bernhard, Antichi maestri . Cosa c'entra un museo con un romanzo? I musei non sono luoghi virtuali, d'accordo, sono luoghi fisici dove si custodiscono oggetti fisici (se non sono le opere smaterializzate delle mostre 'performative' molto in voga di questi tempi) ma possono essere luoghi di immaginazione, dove le arti visive incontrano altre forme di espressione, dove insomma a partire dagli oggetti custoditi possono avviarsi esperienze originali.  Fotogramma da Band à part , di J.L. Godard, 1964 . Mi sono venute in mente queste cose leggendo appunto il Bernhard di cui sopra, incisivo caustico e meraviglioso. Nel racconto si parla della figura del musicologo Reger, che un giorno sì un gior

E tu, che viaggio vorresti fare?

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E adesso una fotografia. Una foto di Ferdinando Scianna, pubblicata per le edizioni Henry Beyle nel libro Lettori , 2015. Un progetto dedicato alla lettura , accompagnato da un bel testo dello stesso Scianna. Ferdinando Scianna, Italia 1991. Amo questa foto. Me la porto dietro nel mio cassetto dei ricordi da quando ne ho preso conoscenza. Ogni tanto me la guardo sul monitor o su qualche stampa di poco valore (l'avrò, prima o poi). Me ne beo e mi ci immergo. Immagino qualcosa su di lei, su di lui, sulla storia che sembra avere inizio in questo bianco e nero. Il fatto è che tante immagini di fotografi noti e meno noti fanno oramai parte del mio immaginario privato. Ci sono immagini che tornano in mente come fossero fantasmi, o personaggi, quasi delle conoscenze amichevoli e benevole , preziose, che portano con sé una certa atmosfera - qualcuno la chiama ‘aura’. Immagini così cariche di qualcosa – energia, bellezza, stupore, inquietudine – da diventare contigue alla realt

Il mondo nelle mani

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Nei giorni scorsi ho avuto la fortuna di assistere alle prove di un balletto. Si trattava della prova dello spettacolo dedicato al   mito di Apollo e Dafne , messo in scena dal coreografo  Aurelio Gatto  per i Teatri di pietra. Di passaggio nella provincia di Siracusa la compagnia ha scelto alcune scuole in cui svolgere le prove, in presenza di classi e docenti, e tra queste la scuola in cui lavoro, il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Floridia. Non sono una frequentatrice di spettacoli di danza ed è stato bello scoprire una lettura così intensa ed attuale del mito. Come è noto Ovidio ne parla ne Le   M etamorfosi, ma l’incanto consiste appunto nel fatto che una storia così antica abbia ancora molto da dire . Lo spettacolo si concentrava sul tema del dubbio e della complessità : quelli di una bellissima giovane, Dafne, che si affaccia alla vita, e che sfugge allo slancio appassionato di Apollo. Sulla scena volteggiava il dio, innamorato della ninfa perché trafitto dalla f