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Prima di rubare, pensa! Su strappi e vandalismi nell'arte (e nelle scuole)

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'Prof, ci hanno rubato le foto! Non è giusto!' Interno giorno in una quinta dell'istituto professionale in cui passo gran parte del mio tempo: un grido si leva per lamentare il furto delle stampe formato A3 con le quali colmiamo l'assenza di alcuni strumenti didattici (una cartina geografica sarebbe utile, ad esempio). Non abbiamo granchè ma ce lo facciamo bastare , ovvero la lavagna in ardesia e i nostri cervelli. I fogli in questione erano le copie di due tra i baci più celebri dell'immaginario visivo europeo, Hayez 1859 e Doisneau 1950. 'Chi è stato?' Non lo sapremo mai ma è usanza della popolazione scolastica dell'istituto fare incursione nelle aule delle altre classi per appropriarsi di quanto appeso alle pareti, sospettiamo con l'obiettivo di farne coriandoli (anche le porte attirano azioni varie, ben più gravi). L'ipotesi del furto motivato da desiderio di possesso o da ammirazione per le opere riprodotte ci è sembrata improbabile.  Nel c

Con i piedi per terra. Sull'arte, sui sogni e sul camminare

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Con i piedi ben piantati per terra. E' una condizione collettiva, quella in cui si impone l'esercizio della realtà che siamo chiamati a svolgere in particolare nel nostro tempo. Saldi, ma nello stesso tempo con il desiderio di normalità, come quella di girovagare facendo passi uno dietro l'altro nell'esplorazione dei luoghi.  Metto insieme questi pensieri studiando alcune opere che parlano - tra le altre cose - di estremità. Ma quando mai ci ritroviamo a parlare di piedi? E nell'ambito della storia dell'arte? Eppure fanno parte del nostro corpo, ci hanno aiutato nella conquista della posizione eretta e a ben guardare dentro alle tele o altre opere d'arte dicono molto dello spirito con cui un artista si mette al lavoro. D'altra parte, come dice la leggenda, anche Buddha ha misurato l'universo facendo sette passi in ciascuna delle direzioni dello spazio. Come spesso succede trovato un filtro attraverso cui osservare quel che abbiamo davanti, ecco che

Chi sono? Un autoritratto per inventare se stessi.

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Quanti selfie vi concedete, durante le vostre giornate? Con quanti selfie intasate i vostri profili social? Tanti o pochi che siano vi sarà successo certamente di farvene uno, e ancora, che durante un qualche scatto al vostro volto vi siate sentiti un po' artisti, alla maniera di un Courbet o di un Rembrandt o Picasso, o ancora di una Frida Kahlo, solo alcuni tra i tanti autori che con gesto meno tecnologico ma ben più antico hanno reso celebre l'autoritratto, praticandolo molto, se non moltissimo. Selfie come arte? Chissà , intanto anche a questa pratica diffusa e quotidiana, democratica come solo la fotografia è riuscita ad essere, pervasiva e innocua al tempo stesso, è andato il pensiero durante la lettura del libro di James Hall, L'autoritratto. Una storia culturale (Einaudi, 2014). Diciamo autoritratto e pensiamo ad un genere artistico che mette in pratica verosimiglianza, certezza e precisione, come se l'artista realizzando un'immagine di sé potesse da