Tutti i colori del nero

Cosa vi viene in mente se dico nero? Il buio fitto della notte, un incubo, uno stato d'animo? Tutto questo e molto altro, ne sono sicura. No, non è l'umor nero che mi spinge a parlare di questo 'non colore', o la mia passione per l'horror, tutt'altro: meditavo da tempo di scrivere sui colori, poi sotto l'albero di Natale ho trovato un bel libro ed eccomi all'opera. Sul colore, di David Scott Kastan e Stephen Farthing (2018) ha tanti pregi ma soprattutto un inizio folgorante: "Il colore è una collaborazione, tra la mente e il mondo, come ha detto Paul Cézanne".



Un inizio che va subito al dunque: il colore è tanto qualcosa di presente e tangibile nella nostra vita, quanto ineffabile e impossibile da circoscrivere. Fa parte del mondo e della sua esperienza ma esiste solo in virtù della nostra mente e soggettività.

Non è sul colore in generale che vorrei comunque soffermarmi, piuttosto sul nero, il colore che deriva dall'assenza di colore, il colore più pauroso e misterioso, e contraddittorio (non lo vediamo nell'immagine di copertina del libro... ). "Il nero è l'esperienza visiva che abbiamo quando nessuna delle lunghezze d'onda dell'energia elettromagnetica visibili viene ricevuta dall'occhio. Le cose appaiono nere quando assorbono la luce, anzichè riflettere (...) o ne assorbono la maggior parte" (Sul colore, p. 182). E infatti nell'esperienza della fisica è un 'non colore', non si manifesta nello spettro dei colori.

Se dico nero penso a moltissime esperienze ma in particolare mi vengono in mente due cose: la prima mi porta al mio lavoro. In occasione di una ricerca proposta a dei ragazzi di quarta, sul tema - difficile e scivoloso - del colore nell'arte, il gruppo che aveva avuto in sorte il tema del nero esordiva nell'esposizione con una domanda che mi è parsa degna di nota. Se è vero che il nero rimanda all'oscurità e alla paura, è possibile trasferire ai più piccoli, ai bambini, l'idea che non sia solo qualcosa di spaventoso ma anche qualcosa di diverso? Mi è sembrata una prospettiva insolita e coraggiosa, che mi porta al secondo elemento che mi viene in mente dicendo 'nero': il bel volto di Berthe Morisot dipinto da Edouard Manet, circordato di un fondo nero ma di fatto esaltato e reso incantevole proprio dall'eleganza vellutata e misteriosa di questa tonalità. L'originalità e la bellezza, ecco dunque in sintesi a cosa mi fa pensare il nero. 

Berthe Morisot ritratto di Edouard Manet, donna in nero
Edouard Manet, Berthe Morisot con mazzo di violette, 1872, olio su tela, Musée d'Orsay, Parigi.

Non è in linea con il periodo, piuttosto tinto di rosso o di luci dorate e sfavillanti, ma il nero è pur sempre qualcosa che accompagna le nostre vite. Nel libro che citavo in apertura, il capitolo sul nero si apre con il tubino nero sfoggiato da Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany e il completo Ford di Coco Chanel. Il colore incrocia indissolubilmente i nostri giorni, l'arte come la moda e l'arredamento, il registro del simbolico come quello della cultura materiale. Sono argomentazioni su cui si è tanto dibattutto e studiato, e non posso non citare lo studio di Riccardo Falcinelli Cromorama. Come il colore ha cambiato il nostro sguardo, edito nel 2017, che mette in relazione la percezione e l'immaginario del colore con le trasformazioni tecnologiche, in una prospettiva che contempla non solo la dimensione artistica ma anche quella della grafica e del design. 

.Tubino nero, Colazione da Tiffany, Audrey Hepburn
Locandina del film Colazione d Tiffany, 1961

Nero, dunque, perchè è il più difficile da raccontareE' di fatto qualcosa che si muove tra positività e negatività, come i miei alunni hanno ben visto. E' il colore del lutto, della perdita, del contegno e della gravità. Ma è anche il colore della seduzione e della regalità, del mistero e del fascino. E' il colore del glamour e del dolore, sempre per citare Kastan. Rimanda a qualcosa di quotidiano, al modo in cui ci vestiamo, alle regole del vivere in società. L'abbigliamento elegante è ratificato infatti dal nero, come se si trattasse di un colore che regala serietà e bellezza. Non a caso a partire dall'epoca moderna diventa il viatico per mises lussuose ma accessibili, così da rendere possibile un aspetto impeccabile a tutti. Il nero è democratico.

Manet lavora nello stesso periodo in cui Monet nega l'esistenza del nero in natura, quando si scopre che le ombre possono essere rese con il violetto e l'indaco, senza uso di quel nero che invece in Manet è potente, evocativo di un mondo borghese e conflittuale. Nel tempo in cui il nero si afferma sempre di più come colore sociale e mondano, gli impressionisti inseguono la vibrazione del colore naturale e autentico. E Manet, controcorrente, si ostina a dipingere in nero. A proprosito del ritratto di Morisot, Paul Valéry parla di un 'nero assoluto', che sembra mescolare presenza e assenza. Gli occhi di Berthe sono bellissimi e schietti, come netta è l'aura che emana dal suo abito alla moda, austero e seduttivo al tempo stesso. Potere del nero.

Altri neri dell'arte, tra i tanti che potrebbero richiamarsi: il nero della precisione, come nella ceramica greca, declinata come ogni buon manuale recita in figure nere o rosse, su fondali al contrario rossi o neri. La pittura greca ci giunge attraverso pochissimi esempi ma soprattutto attraverso l'analogia che si può stabilire con le immagini di anfore, olpi e crateri dal segno minuzioso e calligrafico, quasi una scrittura. Una delle immagini che mi incantano è quella di Achille e Aiace che giocano a dadi, o a qualcos'altro, in una pausa durante la guerra di Troia. Il nero qui è puntuale, totale, incisivo. E' un'immagine che sa di amicizia e di sentimenti forti.

Exechias, Achille e Aiace che giocano a dai, anfora a figure nere, 530 a.C., Musei Vaticani, Roma.

E poi c'è il nero del mistero e del dramma. L'origine del tutto non sarà nera come un abisso? La fine di tutto non sarà nera come un abisso? Dimensioni vaste che nella nostra cultura si intrecciano e si sovrappongono, tra sacro e profano. Nera è l'aspirazione a quanto sta oltre, come il regno dei morti di Anubi per gli antichi egizi, nero come il bitume. Nero è il primo passo nella creazione della pietra filosofale in alchimia, lo stadio della nigredo. Nero è il colore della morte e dell'ombra, dei corvi. Dire nero in pittura vuol dire davvero tante e troppe cose, ma sicuramente includerei il mistero che emana dalle tele del Caravaggio. Il nero è drammatico, ricco di tensione e di pathos, eppure a portata di mano, vicino, come vicina è la dimensione del sacro e della spiritualità in questo pittore per tanto tempo considerato 'maledetto'. Il fondo da cui emerge il David con la testa di Golia è contrappunto a qualcosa di tagliente come una lama, esattamente come quella che decapita il gigante. Quale abisso però si intravede in questa scena, se è vero che Caravaggio si ritrae nella testa di Golia grondante sangue! Il nero qui è l'intensità e il dramma di una cultura, di un periodo storico, di una biografia in fuga: Caravaggio costretto all'esilio per le sue malefatte e la condanna di omicidio si immedesima nella figura del 'cattivo'. In qualche modo, chissà, chiede venia. Sulla lama si legge la sintesi del motto di Agostino "H AS OS", humilitas occidit superbiam.

Caravaggio, Davide e Golia, uomo che tiene una testa sgozzata
Caravaggio, David con testa di Golia, 1609, olio su tela, Galleria Borghese, Roma.
Nero è anche l'ignoto e il tortuoso, l'oscurità molteplice della mente che può avere forma di labirinto e di ricerca incessante, come nel caso delle Carceri d'invenzione di Giovan Battista Piranesi, dove il nero dell'acquaforte dà forma agli incubi di un artista geniale. Se il nero è il colore della paura in queste stampe si respira angoscia all'ennesimo grado: immagini di architetture impossibili, articolate in ponti, strumenti di tortura, scale che si inseguono tra di loro in soluzioni impraticabili e infinite, con una declinazione di neri raffinatissimi e variegati. E' il colore della paura ancestrale e indefinita, al chiuso di uno spazio che si ripete come in un gioco di specchi. E' anche il colore della lucidità inventiva e minuziosa. Non sarà un caso che un artista preciso e sensibile alle tematiche dell'infinito matematico e della rappresentazione geometrica dello spazio come M. Cornelius Escher si rifarà proprio a Piranesi. Il nero qui non nasconde nell'ombra, piuttosto mostra e disvela.

Giovan Battista Piranesi, Carceri d'invenzione, acquaforte, 1845-50, tav. V.
M. Cornelius Escher, Relatività, 1953, litografia.

Un nero altrettanto misterioso ma più irriverente, ludico e fantasioso, è quello dei carboncini di Odilon Redon: Dans le reve è una serie di litografie del 1878 i cui soggetti vanno da occhi in forma di mongolfiera a ragni dall'aspetto umano, a volti che galleggiano nel nulla e teschi che cambeggiano nei fogli. Atmosfere gotiche, surreali, inquietanti come un racconto di E. Allan Poe (amato da Redon), a tratti giocose, che hanno il sapore di un Simbolismo intriso di Romanticismo, all'insegna di una vita interiore che segue altre strade rispetto a quelle della ragione e della misura. E' la strada dell'inconscio, e sceglie in prima battuta i colori del nero.

Odilon Redon, Dans le reve, 1878, carboncino.

E poi c'è il nero del dramma e della guerra. E' il nero scelto da Pablo Picasso per una delle sue opere maggiori, Guernica, del 1937. Le sfumature di neri e di grigi qui diventano racconto di un dolore universale, quello della morte inflitta su una popolazione ignara. Potrebbe anche non trattarsi solo della popolazione della cittadina basca di Guernica che si vide bombardata dai nazisti alleati di Francisco Franco, potrebbe trattarsi di ogni essere umano che soggiace di fronte alla cattiveria e all'ignoranza. E' il nero dei volti che si contorcono, di chi cerca di fuggire per inseguire la libertà, la luce, la speranza, la voglia di vivere. Si dice che Picasso avesse previsto delle macchie di rosso come lacrime, da inserire in forma di inserto mobile in questo affresco monocromatico, sta di fatto che la gamma dei grigi e dei neri rende la scena articolata, ricca di tonalità emotive e intellettuali. Quando il nero evoca tutti i colori possibili.

Pablo Picasso, Guernica, 1937, olio su tela, Museo Reina Sofia, Madrid.

Diciamo nero e pensiamo dunque a una moltitudine di esperienze. Nero abisso, ignoto e conoscenza; nero caos, morte e dramma. Ma anche nero precisione, come quello della scrittura e dell'ordine, il nero dei ceramografi ateniesi o della stampa dell'Europa moderna. Nero rigoroso e probo, come quello dell'abbigliamento a partire dal Cinquecento e dell'eleganza del little dress black. E poi? Tante tante altre cose, ma senz'altro anche nero seduzione. Come quello, tra i tanti, di una donna sensuale e flessuosa. E' la Grande odalisca di Ingres, che emerge con il suo sguardo incredulo da un nero che più profondo non si può. La sua pelle è chiara, luminosa. Il segno nitido, cifra del notevole disegnatore che è stato Ingres. Gli accessori intorno vanno dal giallo ocra del tessuto a sinistra al bianco del lenzuolo, dall'azzurro setoso dei cuscini e della tenda al rosso del ventaglio piumato. Eppure, su tutto campeggia il nero del fondo. Totale e senza confini. L'Odalisca sarà pure nuda ma il suo più prezioso ornamento è il mistero di quel nero. 

Jean-Auguste D. Ingres, Grande odalisca, 1814, olio su tela, Museo del Louvre, Parigi.

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