Il corpo sbagliato / 2

Se c'è un'immagine a tutti chiara nella mente, che evoca in qualunque ragazzo la certezza di un ricordo, quella è la Venere di Botticelli: La nascita di Venere, dipinta per i Medici alla fine del XV secolo e circondata da un'aura di mistero. Elaborata in un contesto elitario e raffinato che si nutre di Neoplatonismo, ricca di rimandi alle Metamorfosi di Ovidio e ad altri testi antichi, la tela propone la rappresentazione della bellezza ideale.
Ma perchè ci appare così bella? Perchè piace così tanto?

S. Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85, olio su tela, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Lancio queste domande in classe ogni volta che la figura bionda appare sullo schermo della LIM o sul libro, consapevole della scivolosità delle argomentazioni. Si parte sempre da domande, per indagare non solo il Rinascimento italiano ma soprattutto il nostro pensiero e la nostra emotività. Ragionare in modo non superficiale su bellezza e gusto, sul perchè certe immagini diventino icone, non è semplice ma si deve. Mi sforzo di proporre con precisione dati e fatti, interpretazioni supportate dall'autorevolezza degli studi. E mi sforzo anche, parallelamente, di trasformare questi elementi in domande sull'oggi, sul nostro modo di sentire e di pensare, sul modo in cui i ragazzi che sono con me si pensano. Giovani donne e giovani uomini che con l'aspetto e il proprio corpo cominciano a dialogare, in armonia o nel conflitto.


M. Paar, Louvre, 2012, Magnum Photo.

Dai sondaggi fatti finora emerge che la Venere appare bella perchè elegante e aggraziata, perchè dalla sua figura emana serenità ed equilibrio; perchè nelle sue forme morbide ma longilinee e nella sua biondezza riconosciamo qualcosa che abbiamo già visto e che dunque ci è familiare, qualcosa che risulta rassicurante e che cerchiamo anche in modo inconsapevole, ovvero piacere agli altri. Affrontare temi come la rappresentazione del corpo conduce a questioni del calibro: cosa vuol dire bellezza? Quali sono gli altri concetti che possiamo associare a questo termine immenso e sfaccettato? E' interessante constatare la ricchezza di esperienze che i più giovani riescono a portare, la facilità con cui senza accorgersene travalicano dal registro estetico a quello interiore. E ancora: con quale criterio possiamo definire il bello nelle arti? E cosa è l'opposto di bello? cosa è la bruttezza? siamo disposti ad accettare il diverso?


A. Mantegna, Camera degli Sposi, 1465-74, affresco, Castel Sant'Angelo, Mantova.

Ho notato che difronte all'affresco della Camera degli sposi di Andrea Mantegna a Mantova, in particolare difronte alla Corte dove Ludovico Gonzaga è ripreso con l'intera famiglia, l'attenzione va in modo inequivocabile verso la figura più bizzarra e strana; la figura della nana di corte che tutto è fuorchè equilibrata ed armoniosa. Il brutto, il diverso, lo sgradevole può manifestare un fascino potente, stimolare curiosità, scatenare fantasie. 

A questo proposito, ovvero nella prospettiva di una riflessione non solo sui canoni del bello tradizionale, classico e misurato, ma anche nell'intento di stimolare un ragionamento sulla bellezza come 'processo' attivo, mi viene in mente una testimonianza ricca e utile (almeno per me lo è stata): il volume Educare bellezza e verità, di Marco Dallari e Stefano Moriggi, Erikson 2017. Un testo che propone una lettura storica e culturale della bellezza, da declinare nell'ambito della didattica in modo originale e costruttivo. 

E' possibile educare alla bellezza? Ma a quale, poichè non esiste un'idea univoca di bello. E' possibile forse educare al ragionamento, alla costruzione di un proprio pensiero e gusto, di un'estetica che faccia 'riconoscere' ma anche elaborare idee e sentimenti in modo autonomo. Cosa vuol dire esattamente? Forse porsi davanti alle 'icone' che affrontiamo senza aspettative e sguardi già vecchi in partenza (perchè di fatto guardiamo con superficialità e velocità), e provare a osservarle in modo più esplorativo, dandosi del tempo e trasformando l'osservazione in domande e pensiero. Cosa dice a me quella Venere? Cosa mi fa sentire, cosa mi fa immaginare, cosa mi attrae o mi disturba? Che sentimenti mi suscita? li so riconoscere e nominare? Perchè si offre così docile allo sguardo o perchè mi sembra così sicura di sè? Come sarebbe se avesse altre forme altri capelli altri colori? Sono capace di offrire la mia nudità con la stessa disinvoltura? 
Chissà quante domande potremmo tirare fuori e che potrebbero condurci su altri territori ben oltre la Venere e il Rinascimento, ma spesso osserviamo le opere d'arte lasciandoci prendere la mano dalla storia, dal contesto, dai racconti che tramano dietro le quinte. Ma oltre la storia, cosa c'è? Noi, la nostra vita interiore, l'emotività incerta che temiamo.
La bellezza non è solo dei volti e dei corpi, ma anche e soprattutto del nostro atteggiamento nei confronti delle cose, delle esperienze e dell’arte, anche quella che non comprendiamo subito; è nell'atteggiamento verso i luoghi e le persone, è nella ricerca del significato e nella curiosità che ci fa cercare la conoscenza. 


Michelangelo, David, 1504, marmo, Galleria dell'Accademia, Firenze.
E l'esperienza del bello incrocia aspetti mutevoli e insospettati: lo stupore, il turbamento, il coinvolgimento, la forza ma anche la debolezza. L'esperienza del bello può anche condurre a riflettere sul dolore, sul senso del pudore e sul giudizio altrui. Ad esempio, se mettiamo insieme le icone della bellezza universale con la malattia. La Venere di Botticelli non cammina tutta sola: se lei rappresenta la bellezza ideale femminile il David di Michelangelo rappresenta nell'immaginario collettivo l'idea di bellezza maschile. L'antenata della Venere, ovvero la Venere di Milo di epoca ellenistica (all'origine del modello di 'Venere pudica' che Botticelli ha in mente quando dipinge la sua tela) e il David di Michelangelo, sono stati al centro di un interessante progetto sul tema del corpo e delle sue narrazioni e rappresentazioni, Cicatrici


Venere di Milo, II sec. a.C., Museo del Louvre, Parigi.
"Tutti abbiamo una cicactrice", dice il testo di presentazione del progetto, sul sito b.live. "Chi sul corpo, chi nel cuore, chi nell'anima. Sono segni, spesso solchi, che non si vogliono mostrare, perchè ci fanno apparire più brutti, più fragili. Ma non sempre è così". Nell'arco di un anno il progetto ha coinvolto ragazzi alle prese con malattie gravi e croniche, insieme agli studenti di + LAB, il laboratorio del Politecnico di Milano in cui ingegneri, designer, ricercatori e produttori si occupano della stampa 3D e delle sue applicazioni in numerosi campi, con attenzione al sociale e all'ambiente. I ragazzi 'con cicatrice', supportati dai membri del laboratorio, hanno provato a raccontare le loro ferite (fisiche e interiori) lavorando sulle due icone, la Venere di Milo e il David, per poi scolpire con stampanti a 3D il risultato di questa riflessione. Ne è venuta fuori la bellezza di 41 riletture originali e stupefacenti delle due sculture, sculture in plastica riunite nella mostra collettiva tenuta alla Triennale di Milano nell'ottobre dello scorso anno, un libro, incontri e molto altro. 

Non ho visitato la mostra ma ho letto dell'esperienza e visto le fotografie delle creazioni. Mi è parso di avvertire al fondo dell'operazione uno slancio creativo potente e costruttivo, che porta a smontare e rimontare quanto già visto in nome di qualcosa che ha un solo profumo: voglia di vivere e di inventare. Soffri, stai male, sei caduto per terra? Non è detto che sia solo polvere, puoi mostrare con dignità quel che provi e persino amare quel sentimento. E farne qualcosa di buono, insieme a buone idee e alla buona tecnologia. 
Le frasi che accompagnano le opere stampate in 3D, le Veneri e i David rinnovati da un nuovo sguardo, raccontano di qualcosa di cui tutti abbiamo necessità e che dobbiamo ricordare: la voglia di andare avanti non ha limiti, ci si può sempre mettere in gioco, le porte dell'immaginazione e della creatività vanno aperte, magari con pudore, con riserbo, ciascuno con il proprio vissuto e con le proprie debolezze, ma il senso della vergogna non può trovare spazio se non come rispetto e senso del limite. Altri limiti, dati dalla paura, dal timore del giudizio altrui, vanno attraversati. 
Ecco allora che categorie come bello e brutto si declinano in altri modi, al di là del principio presunto della perfezione vs imperfezione; che il non avere braccia (la Venere di Milo) diventa condizione per ramificazioni delicate e piene di grazia, o che i muscoli forti e modellati di David possono ospitare il dubbio e l'insicurezza senza lasciarsene schiacciare. 

Dalla mostra Cicatrici, immagine del sito arte.sky.it
In un certo senso il progetto ha coinvolto tutto ciò che abbiamo di più umano: l'intimità del pensiero di sé, l'arte e la creatività - antica come contemporanea -, il confronto con demoni e paure, la scienza e la tecnologia, il coraggio dei progetti che intrecciano e non dividono. 

Bello in questo senso non vuol dire solo gradevole da guardare e proporzionato, ma soprattutto coraggioso, aperto, intenso, in una parola 'vivo'.

E tu, quali sinonimi associ alla parola 'bello'?


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