Tutto un rimbalzare di neuroni. Scuola, persone e rivoluzioni nel racconto di Vanessa Ambrosecchio
"All'inizio ha avuto il sapore della rivoluzione. Certo, le rivoluzioni vengono dal basso, questa assomigliava di più a un meteorite". Accade così, che gli inizi abbiano il tenore di un evento fragoroso e destabilizzante, qualcosa che ti cade addosso (nel verificarsi di ogni inizio, anche quello di rilancio di questo blog che rischia, altrimenti, di restare un'incompiuta). L'inizio in questo caso è molteplice, seppure trovi nella scuola il suo filo rosso: le campanelle d'avvio dell'anno scolastico, a settembre; l'inizio (o quasi, "il sapore della rivoluzione" si trova a p. 6) di un libro già letto l'anno scorso che torna però in aiuto proprio ora, Tutto un rimbalzare di neuroni, di Vanessa Ambrosecchio (Einaudi 2021). E infine, un percorso professionale nuovo di zecca per la sottoscritta, alle prese con nuove scuole per l'ennesima volta e dunque con nuovi contesti, nuovi volti e nuove dinamiche. In una fase di ripartenza, durante la quale si cercano ispirazioni e risorse, nonché conforto per far fronte ad un'ansia serpeggiante - come forse accade per ogni incipit - ecco che il rimbalzare di neuroni di Ambrosecchio fa capolino dalla libreria. Decido di aprirlo, di rileggerlo e di scriverci sopra. Perchè anche se pubblicato un anno fa a margine dell'esperienza della DAD, il racconto di Vanessa ha la tempra e la profondità di un testo senza tempo, in cui si parla di scuola sì, in una fase straordinaria della scuola italiana durante la quale si è sperimentata la 'distanza', ma in cui soprattutto si parla di persone e di relazioni come fondamento dell'educazione. Quale bussola migliore per trovare slancio, per darsi un orientamento in questo inizio?
@ Robert Doisneau |
"Per quel millimetro si va a scuola ogni giorno, e anche quando persino quello lo dai per perduto, ci torni. E' un mucchio di 0,I, un anno scolastico, una somma esigua, un gruzzoletto. E' il minimo sindacale da esigere, più spesso il massimo. Dacci oggi il nostro 0,I quotidiano... l'insegnante è un profeta stipendiato, assunto per credere dove nessuno crede. Quella sua fede è a volte l'unica, spesso l'ultima opportunità per un ragazzo. E noi siamo pagati per scommetterci. A occhi chiusi, come Pascal". Le persone e le relazioni, dicevamo. Ecco il cuore della scuola, gli insegnanti e la loro capacità e voglia di stabilire relazioni con gli studenti: un cuore pulsante che vibra di somma pazienza, tenacia se non pervicacia, ma soprattutto fede. Fede, quindi speranza, nella conoscenza e nella curiosità, nell'utilità della conoscenza, nella vita stessa si potrebbe dire. Ma soprattutto, fede in quelle altre persone lì, quelle che ti stanno accanto e vicine, nelle classi e oltre la soglia liquida intangibile ma stentorea dello schermo durante la DAD. Se c'è qualcosa che davvero accompagna l'intero racconto di Ambrosecchio, insieme a tutti gli altri rivoli di contenuto che lo attraversano, è proprio la qualità della 'vicinanza' che emerge, sempre - spaziale ma soprattutto emotiva, intellettuale - come caratteristica dell'insegnamento e dell' io narrante (è il mestiere della stessa scrittrice. Palermitana, ha all'attivo - tra gli altri - il romanzo Cico c'è, Einaudi 2004, il racconto Piove, in Ragazze che dovresti conoscere, Einaudi 2004). Vicinanza come colore e tono sia di un ruolo ma anche della scrittura: lucida e scorrevole, calorosa, coinvolgente come una voce, capace di inflessioni di vario registro e di immagini che amplificano il già sfaccettato caos di emozioni e sentimenti che abita la 3H. Te la ritrovi vicina, odorosa se non puzzolente ma viva al tatto agli occhi e a tutti i sensi, viva alle corde emotive, questa classe un po' disastrata, fatta di individui eppure gruppo, comunità vivace di cui si seguono le vicende durante quasi un intero anno di DAD e attraverso tasselli di ricordi della scuola di prima (ed è proprio alla fine dei mesi difficili che la classe si scopre 'gruppo' coeso: "Spesso è dai soggetti come dai gruppi più scombinati, più insofferenti ai canoni che arrivano le soluzioni inaspettate. Bisogna farci l'occhio a riconoscerle, e la scuola, i prof, io, non lo sappiamo fare").
E' dunque questa qualità di 'vicinanza' che fa essere pazienti, insistenti, appassionati, severi e determinati, ma anche dubbiosi, terribilmente dubbiosi, ad emergere dal racconto; perchè gli insegnanti maneggiano cervelli e anime, maneggiano vite vissute ben oltre le ore di lezione, le ore nelle case nelle famiglie e al cospetto di problemi di cui si ignora l'entità, perlopiù. Le vite dei vari Zoran, Manfredi, Aurora, Giada, Marzia, Teotista & C., scorrono tra le pagine di un testo d'invenzione che trae senz'altro spunto dall'esperienza diretta, scorrono tra eventi vari, paure e delusioni, conquiste e scoperte, conflitti e disperazioni, disegnandosi ciascuno con la propria unicità, senza che venga mai meno la percezione di qualcosa che cresce, cresce, cresce, in cerca di una direzione, esattamente come una pianta che cerca luce ed acqua ("(...) quando si sta bene, si cresce, prima o poi, come le piante"). E senza che dalla parte dell'adulto venga meno l'attitudine all'ascolto, lo sguardo rivolto con attesa vigile e mai prevaricante nei confronti di persone piccole e giovani che scoprono di avere in sé gli strumenti per vivere il mondo; che scoprono il piacere delle esperienze più diverse, incluso il piacere della lettura come libertà ("l'ora di lettura come ora d'aria"), il piacere di imparare dunque. Perchè si impara anche questo - soprattutto questo? - e quando accade è un piccolo miracolo, per chi lo vive e chi vi partecipa. "Quando scoccano di questi sguardi, i ragazzi, è come avere appena conquistato una terra, lo stesso esaltante sgomento, perché laddove hai appena distrutto c'è tutto da ricostruire. Ce la farete? Ce la farai? Dipende da quanto dolorosa è stata la distruzione, e da quanta fiducia hanno in te. Ma comunque andrà, è impagabile il momento in cui ti si spalanca davanti quella prateria del possibile, quell'alba, lo stupore dell'apprendimento che tutto sovverte, che abbaglia".
Non è tutta in discesa la vita nella scuola, anzi, è sempre un'altalena, un viaggio irto di fatiche, ma l'obiettivo della 'pro' di Ambrosecchio è di provare a restare saldi e in ascolto, di se stessi e degli altri, senza perdere di vista il futuro che si costruisce pezzetto a pezzetto, millimetro a millimetro. Tra esercizi, scherzi, letture di romanzi, invenzioni poetiche quali l'appello emotivo o l'anagramma del proprio nome come gioco per darsi altre identità, tra le foto di Letizia Battaglia, i racconti sulla Palermo di Addio Pizzo o delle celebrazioni del 23 maggio (momenti intensi e di principi tatuati sulla pelle, per quanto fanno parte della vita quotidiana dell'io narrante) si resta invischiati e si respira, si gode di una lingua che gioca con le immagini. Si prende una sana boccata d'aria. In un momento come quello attuale in cui si parla molto di scuola pur restando - la suddetta - di fatto assente da un discorso politico e programmatico lungimirante, fa bene fare mente locale su quelli che vorremmo come punti di riferimento - almeno da un punto di vista pedagogico, per noi che a scuola lavoriamo ma anche suppongo per chi dalla scuola si aspetta la cittadanza di domani e per chi a scuola i figli li manda. E' dalla letteratura anche che provengono indicazioni per una pedagogia nuova, libera, che guarda davvero alle 'persone', e non alle 'logiche di dominio e di esclusione' spesso rinfocolate dall'attualità (si veda la recensione di Michela Marzano a Insegnare comunità, di bell hooks, Meltemi 2022, su Robinson, la Repubblica del 10.09.2022). E' di studi e pensieri originali che abbiamo bisogno per respirare, oltre alle necessarie griglie di valutazione, schede acronimi corsi e progetti e digitalizzazione, tecnicismi e parole parole parole (studi non alternativi, non mirabolanti, ma dotati di senso e calibrati su quello che pensiamo sia davvero l'educazione). Studi per cercare sempre il piacere e il senso, la responsabilità di questo lavoro, mettendoci in discusssione e ampliando l'orizzonte, come - per quanto riguarda la sottoscritta - è accaduto con il saggio di Gert J. Biesta Riscoprire l'insegnamento (2017), ripubblicato da Raffaello Cortina editore (2022), di cui potete leggere qui; dove si delinea una 'terza via' tra insegnamento inteso come controllo e libertà come apprendimento, al servizio dell'idea di educazione come scoperta dell'adultità, giusto per citare lo sforzo che dall'interno della scuola, dell'università e nel dibattito intellettuale italiano e internazionale viene compiuto.
Ma con un richiamo alla letteratura concludo, a margine del libro di Ambrosecchio che di amore e di dubbi ci parla, e di Zoran e Teo e tutta la banda, che mi porto dietro mentre il testo li lascia andare alla fine, ad esami conclusi (come sempre bisogna imparare a lasciare andare, tutto). E soprattutto, a margine di quel "comunicare intimamente" che è un punto di contatto a ben vedere tra quanto la scuola cerca di fare e la letteratura. Chiudo con le parole di Natalia Ginzburg, che possano essere di slancio per gli inizi, senza enfasi ma concretamente: "Quello che deve starci a cuore, nell'educazione, è che nei nostri figli non venga meno l'amore per la vita. Esso può prendere diverse forme, e a volte un ragazzo svogliato, solitario e schivo non è senza amore per la vita, né oppresso dalla paura di vivere, ma semplicemente in stato di attesa, intento a preparare se stesso alla propria vocazione. E che cos'è la vocazione di un essere umano se non la più alta espressione del suo amore per la vita?" (Le piccole virtù, Einaudi 1962).
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