Restiamo in contatto. L'arte e i gesti della tenerezza

C'era un tempo in cui ci si abbracciava con tranquillità, in cui ci si incontrava andando liberamente in giro e ci si salutava come la consuetudine mediterranea insegna: toccandosi con slancio. Non si tratta di abitudini di chissà quale epoca ma lo stravolgimento dello stile di vita dettato dal virus fa sì che il momento della normalità sembri già lontano. Ci difendiamo restando a casa, adeguandoci al buon senso e ai decreti e ci mettiamo alla prova in questo tempo segnato dalla distanza. Non è ancora uno scenario apocalittico, forse lo diventerà o forse no, ma certo stiamo vivendo qualcosa di inaspettato.
Lavorando per le mie alunne e i miei alunni, perchè si possa proseguire nello studio in questa strana condizione, mi veniva in mente una domanda: qual è la paura più grande che proviamo? Paura, ansia, angoscia, sono emozioni oggi rinnovate tanto più che il virus è qualcosa di invisibile. A ciascuno i suoi timori, ma forse una paura condivisibile è proprio quella dell'isolamento prolungato, della perdita del contatto. La paura è di non potersi fare una bella passeggiata a braccetto con un'amica!


Pablo Picasso, Due donne che corrono sulla spiaggia, 1922, olio su tela, Parigi, Museo Picasso.

Non è però la paura che vorrei ricordare qui: se emozioni seppure necessarie come paura e ansia procedono per sottrazione, privandoci di serenità per avvertirci di un pericolo, definito o sconosciuto che sia, altre esperienze procedono per aggiunta e costruzione. Mi piace quindi ricordare la possibilità del contatto e dello stare insieme, attraverso immagini dell'arte che ci parlano di amicizia, di tenerezza, di vicinanza. Non sarà un'immagine a riscaldarci - ciascuno immobile nelle proprie case - ma un'immagine può portare quella leggerezza necessaria. Mi viene in mente un'alunna che qualche settimana fa, a proposito di episodi di arte civile e 'impegnata', chiedeva: "Ma l'arte non serve anche a distrarci dai nostri problemi?". Qualche volta sì, abbiamo bisogno di evadere e di volteggiare nello spazio dell'immaginazione, ben sapendo che i fili che ci ancorano alla realtà sono lievi ma sempre riannodabili. E poi, una delle funzioni dell'arte è proprio quella di raccontare delle storie e di renderci più comprensibili e sostenibili sentimenti ed emozioni, aiutandoci anche a nominarli. Un'immagine può aprire nuovi scenari, aiutarci a formulare domande e a cercare risposte possibili; può aiutarci a mantenerci svegli.


Ma cosa è, esattamente, la tenerezza? Probabilmente ognuno di noi avrà idee diverse al proposito, avrà reazioni e ricordi differenti, qui mi riferisco a quella disposizione affettuosa che fa sì che ci si rivolga a qualcuno con apertura e con gentilezza, con il desiderio di condividere anche una condizione di passaggio. E' un sentimento che si accompagna all'amore, ma anche all'amicizia, che sa di vicinanza e che di norma viene suscitato da qualcuno o qualcosa. La tenerezza è un sentimento sociale. Mi viene così in mente il modo allegro o annoiato, anche silenzioso e partecipe, che hanno talvolta gli amici nell'essere insieme, non necessariamente espresso in gesti ma visibile.




Sopra: Raffaello, Autoritratto dell'artista con un amico, 1518, olio su tela, Parigi, Museo del Louvre;
Pablo Picasso, La lettera, 1922, olio su tela, Parigi, Museo Picasso
.

Talvolta gli amici si sostengono, si danno pacche sulle spalle, restano prossimi anche quando non si sa cosa sta succedendo. Come in Raffaello o in Picasso, artista che ci stupisce per le sue capacità camaleontiche, che probabilmente non suscita 'tenerezza' nelle produzioni più audaci e surrealiste, ma che ha pure sondato questo sentimento in modo efficace. Era un passionale, e la tenerezza c'entra, no? Eccoli dunque concentrati e vicini gli amici dell'urbinate e dello spagnolo, distanti secoli eppure amici gli uni come gli altri, leali e solidi.

Pablo Picasso, Due prostitute al bar, 1902, olio su tela, Parigi, Museo Picasso.

Ma non è necessario ci sia amicizia perchè si avverta tenerezza, accade talvolta che donne o uomini condividano qualcosa, e le immagini dell'arte inventano questo sentimento in modo meraviglioso (o colgono, sanno riconoscere, quando si tratta di fotografia). Ecco che anche due donne che corrono, o due donne che nemmeno si sfiorano, che solo stanno al bancone difronte a un bicchiere - ancora una volta figure di Picasso - suscitino morbidezza, compassione, forse la provano loro stesse. Il tenue azzurro macchiato di bianco racconta della malinconia del periodo blu, ma è proprio l'azzurro che sostiene la morbidezza, l'essere tenero dello stato d'animo. Come quando si dice di qualcosa che appunto risulta tenero, docile, non aspro al tatto, anche quando non c'è tanta speranza.

Steve McCurry, Rajasthan, 1983.

Il colore veicola notoriamente sentimenti ed emozioni ed accompagna l'iconografia nella trasmissione di un certo significato. Se il blu è il colore che si avvicina alla spiritualità e alla malinconia, il rosso è il colore delle passioni e dell'eros per antonomasia. Anche la tenerezza però si può colorare di rosso, come nella fotografia Rajasthan, di Steve McCurry, l'autore di uno dei ritratti più celebri di tutti i tempi, la ragazza afghana. Negli anni '80 il National Geographic commissionava a McCurry un reportage su India e Pakistan, in particolare sull'impatto delle condizioni ambientali sulla popolazione. Il risultato è un insieme di immagini seducenti per armonia e colori, ma anche per la potenza espressiva. "Le condizioni erano estreme, il caldo terribile, ho dovuto fermare la macchina e ho visto una scena indimenticabile per la sua forza e la sua poesia: c'erano delle donne vestite di rosso che per proteggersi si erano raccolte in un cerchio, strette una accanto all'altra (...). Le aveva investite la tempesta di sabbia e per superare la paura avevano iniziato a cantare" (dal libro A occhi aperti, di M. Calabresi, Contrasto 1913, p. 15-17). E' una delle immagini più intense e drammatiche del reportage, immagine simbolo della voglia di reagire, piena di speranza. La tenerezza sconfina nell'empatia, nella ricerca di uno slancio che si estende come un canto.

Steve McCurry, Bombay, 1993.

Il rosso che incolla lo sguardo all'immagine lo troviamo in tante altre opere di McCurry, qui voglio ricordare la bellissima Bombay, del 1993, con il rosso di un vestito che fa da cassa di risonanza al gesto della donna, la mano che tocca il vetro, così come allo sguardo del bambino, indifeso ma incisivo. Una mano che si tende verso di noi, esattamente come un desiderio, una curiosità, una richiesta o una parola. La tenerezza non viaggia da sola, si unisce a tanti altri sentimenti.
Egon Schiele, Madre e figlia, 1913, acquerello.

Di mamme con bambino ne potremmo ricordare tante, a proposito di affettività e morbidezza. Il Rinascimento ce ne ha consegnate tante: le Madonne e i soggetti che la riguardano raccontano di sentimenti genitoriali e filiali, ma anche di umanità tout court. Eppure, a proposito di tenerezza, anche se in questo caso materna, l'ho trovata ancora una volta lì dove non avrei pensato - e non è detto che sia unicamente un sentimento al femminile, come abbiamo visto. La troviamo in Egon Schiele, ad esempio, l'artista che ai primi del Novecento sconvolgeva per le sue immagini crude e perturbanti, spesso ricche di sensualità, eppure così vive e laceranti. La ritroviamo nei compianti di Cristo, dove Maria è la figura che per eccellenza mostra pathos, e allora la tenerezza è venata di dolore e strazio, come succede nei moderni compianti, nelle fotografie di reportage che raccontano delle guerre e degli esodi di oggi.



Sopra: Giotto, Compianto sul Cristo morto, dettaglio, 1303-1305, affresco, Cappella degli Scrovegni, Padova;
Filippo Bucciarelli, Famiglia siriana a Lesbo, 2015.

Ci sono tante altre tenerezze e altri colori. Ci sono le tenerezze amorose, come nei baci e negli abbracci (ne ho parlato qui), ricorderò solo quello aereo di Marc Chagall e quello leggiadro di Brancusi, a dispetto della pietra di cui la scultura è fatta.


Sopra: Marc Chagall, La passegiata, 1917-1918, olio su tela, Museo di Stato Russo, San Pietroburgo;
Costantin Brancusi, Bacio, 1912, pietra.

E poi, per finire, ci sono le tenerezze dei bambini, dei piccoli per anagrafe o per aspirazione, per la voglia di rivolgere uno sguardo incantato agli eventi.








Sopra: Henri Cartier-Bresson, anni '60; Ferdinando Scianna, Bagheria, anni '60; Enzo Sellerio, Palermo, 1964; André Kertész, Amici, 3 settembre 1917.

Tra le mille fotografie di bambini che fanno parte della mia 'collezione virtuale' privata (le riscopro ogni volta che le osservo), ho da poco scoperto il bambino di Kertesz che gioca con l'agnello, esuberante e felice come solo i bambini forse possono essere. "Quel che vediamo dell'agnello è la consistenza del suo vello: proprio la consistenza che la mano del ragazzino accarezza e che ha suscitato il suo desiderio di giocare con l'animale come sta facendo" (J. Berger, Capire una fotografia, Contrasto 2016, p. 122) . Ecco, la morbidezza di un animale e la mano che l'accarezza con amicizia, non è questa la tenerezza? Ecco delle persone che ci inteneriscono per la loro voglia di giocare e di curiosare.

Lì la tenerezza fa rima con la voglia di scoprire e di avventurarsi nel mondo, cosa che torneremo a fare, prima o poi, a braccetto con amiche e amici.

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