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Cosa ti aspetti da me? Sull'arte, le aspettative, l'identità

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"Prof, ma se le donne nell'antica Grecia non contano nulla e stanno in casa, come mai la divinità della guerra è proprio Atena, una donna? ". Interno giorno in una classe di primo liceo artistico. La domanda apre una vivace discussione e ci porta ad occuparci di Atene e della mitologia, del femminile e dei complessi rapporti tra i generi, nella classicità e con qualche salto nell'oggi. Studiare l'arte del V e del IV secolo a.C., tra un'amazzone di Fidia e una Venere di Prassitele, impone sguardi che vanno ben aldilà della bellezza formale della classico: a partire da una scultura si possono esplorare strade insospettate. Mimmo Jodice, Amazzone, 2007. Chiarito che il ruolo di Atena è quello di presiedere alla guerra intesa come strategia e intelligenza, con una certa distanza rispetto alla guerra come violenza che compete ad Ares; maneggiati in qualche modo gli intricati rapporti tra maschi e femmine nell'Olimpo e metabolizzato - forse - lo sconcerto provoc

Con i piedi per terra. Sull'arte, sui sogni e sul camminare

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Con i piedi ben piantati per terra. E' una condizione collettiva, quella in cui si impone l'esercizio della realtà che siamo chiamati a svolgere in particolare nel nostro tempo. Saldi, ma nello stesso tempo con il desiderio di normalità, come quella di girovagare facendo passi uno dietro l'altro nell'esplorazione dei luoghi.  Metto insieme questi pensieri studiando alcune opere che parlano - tra le altre cose - di estremità. Ma quando mai ci ritroviamo a parlare di piedi? E nell'ambito della storia dell'arte? Eppure fanno parte del nostro corpo, ci hanno aiutato nella conquista della posizione eretta e a ben guardare dentro alle tele o altre opere d'arte dicono molto dello spirito con cui un artista si mette al lavoro. D'altra parte, come dice la leggenda, anche Buddha ha misurato l'universo facendo sette passi in ciascuna delle direzioni dello spazio. Come spesso succede trovato un filtro attraverso cui osservare quel che abbiamo davanti, ecco che

Guardare con le mani (o con la coscienza). L'esperienza luminosa di John M. Hull

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Vi siete mai chiesti qual è il vostro modo di stare al mondo, con sincerità e coraggio? Vi siete mai chiesti, in profondità, cosa vuol dire stabilire un contatto con ciò che vi circonda , con le persone che amate e quelle che nemmeno conoscete? Cosa significa per voi il timbro di una voce, il suono della pioggia o la carezza del vento? Per la maggior parte di noi alcune di queste domande sono troppo grandi, altre decisamemente futili, eppure viene spontaneo porsi questi interrogativi - e molti altri - durante la lettura di un bellissimo libro, solare a dispetto del titolo: Il dono oscuro , di John M. Hull (Adelphi 2019, con una prefazione di Oliver Sacks, traduzione di F. Pacifico). Australiano, professore di Teologia e Scienze religiose a Birmingham, scrittore di successo e controcorrente, Hull perde progressivamente la vista nell'arco di circa cinque anni. Ha solo 45 anni e il mondo intorno a lui comincia a diventare sempre più buio e lontano.  The mounth of Krishna, di A.P. Cab

Pittura e fotografia. Vite di confine all'insegna del nero

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Se c'è un colore che parla di profondità, nel caleidoscopio delle simbologie e dei significati possibili nel campo dei colori, questo è il nero. Nero come la paura, come il nulla , registri che nella profondità e nell'assenza di confini trovano la loro cifra primaria. E' in forma di omaggio al nero - nonchè di esperimento - che mi accosto a due opere così lontane eppure in qualche modo così vicine: David con la testa di Golia di Caravaggio (1609) e Autoritratto con teschio , l'ultimo autoritratto di Robert Mapplethorpe, (1988). Nella loro distanza temporale queste immagini da qualche parte dialogano, in funzione delle storie che raccontano, delle scelte iconografiche e di certi caratteri biografici dei loro autori. Soprattutto, mi pare che trovino un possibile trait d'union nella complessità del nero, questo nero fondo e opaco da cui emergono i soggetti delle composizioni e con loro le esperienze che nella materia dell'oscurità si rendono possibili.

Allegria a quattro zampe. Storie di cani nell'arte

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L'idea me l'hanno data loro, i miei alunni, come spesso succede per i soggetti dei post. In questi tempi di scuola a distanza cambia un po' il modo di essere sia insegnanti che studenti . Ecco che le nostre vite domestiche, inevitabilmente, fanno capolino: ho notato che molte delle foto scelte per i profili online con cui ragazze e ragazzi si presentano ritraggono i loro animali da compagnia, e che durante le lezioni in rete questi stessi amici, cani o gatti, vengono a trovarci. Un muso qua e una coda là, tra futuristi e mosaici. Elliot Erwit, Parigi 1989.  Mi sembrava un argomento marginale ma nel clima da fase due la necessità di allegria si fa sentire. Perchè non indagare come gli artisti, e soprattutto i pittori, hanno rappresentato gli animali da compagnia? Una volta individuato il tema, iniziando a documentarmi  mi sono ritrovata alla prese con truppe di ... cani . Sì, scelgo loro, a dispetto dei gatti che girano nella mia di casa, in nome di una presenza che i